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Photos: Nanni Angeli
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Qualche settimana fa ho ricevuto l’invito a suonare per l’inaugurazione del Parco delle sculture sonore di Pinuccio Sciola, con il light design di Gianni Melis. La scommessa era fare un concerto che rispondesse alla solennità di quel luogo, accostando alle sue sculture la mia musica.
Camminavo a piedi nudi tra questi meravigliosi menhir contemporanei, sentivo il respiro che traspirava dalle pietre e nella sacralità laica di quel giardino mi sentivo a casa. In un’ora di musica ho proposto una lettura di pancia, a braccio, lasciandomi guidare dall’istinto. L’uomo musicista ha il brutto vizio di riempire ogni spazio con il suo ego, difficilmente ascolta il silenzio. C’è stato un momento in cui il suono del vento, che sfilava tra le pietre, era così forte ed intenso che dava la percezione di una mano poggiata sulla mia spalla, quasi a volermi dire: sei sicuro di non voler far sentire la mia voce? In quel momento ho pensato che per rendere sublime quella comunicazione tra la terra e il cielo non erano necessari altri suoni e che avrei lasciato spazzare via da quel soffio tutte le note che, come un lottatore, avevo sputato fino a quel momento. Un enorme fuoco portava le scintille verso il cielo a sposarsi con le stelle.
La mattina dopo ero sul treno che da Cagliari porta ad Olbia, quello che sfiora il nuraghe di Torralba, le domus de Janas e che ogni volta ti da la sensazione di quanto sia profondo il legame tra le rotaie e la storia della nostra terra. Ho ascoltato la registrazione del concerto ed ho avuto la sensazione che il viaggio raccontava bene quello che avevo provato: la volontà di andare incontro alle pietre, il fuoco del basalto, l’acqua del calcare, le ombre del granito. C’era anche il momento in cui il vento mi accarezzava le spalle. La Sardegna scorreva davanti ai finestrini, ero sorridente anche se rimaneva il dubbio che, forse, potevo leggere i solchi tracciati delle pietre in un modo diverso.
Mentre pensavo che volevo incontrare Pinuccio Sciola per descrivergli quel senso di smarrimento umano che avevo provato, una telefonata di Manuela mi lasciava senza parole. Pinuccio era dovuto scappare per inseguire il suono delle sue pietre. È stato un onore poterlo salutare a piedi nudi, tra le arance del suo parco. Sono sicuro che Maria, Tomaso, Manuela, Daniele e tutti i ragazzi dell’associazione No Arte / Paese Museo, sapranno custodirne con cura la memoria.
Foto di Alessando Corongiu ©